lunedì 11 febbraio 2013

L’inganno del gioco della moneta nella cure sanitarie

di Ben Goldacre (pubblicato il 1 febbraio 2013 sul New York Times - Health Care’s Trick Coin)


Questo mese, la Johnson&Jonson sta affrontando più di 10.000 procedimenti legali per un’anca artificiale che è stata ritirata dal mercato a causa del risultato fallimentare nel 40% della sua applicazione negli ultimi 5 anni.  Ci possono essere errori in medicina ma, nel suddetto caso, documenti interni dimostrano che i dirigenti erano a conoscenza dei difetti che il dispositivo aveva evidenziato in alcuni casi, e non l’avevano reso pubblico.

Sarebbe bello immaginare che questa pratica sia un’eccezione, ma, in realtà, l'intera medicina basata sull'evidenza è stata minata da una noncurante mancanza di trasparenza. Talvolta si tratta di una mancanza nel riportare problemi sollevati da medici e analisi interne, come è successo nel caso della Johnson&Johnson. Più spesso, si realizza un vero e proprio occultamento dei risultati delle sperimentazioni cliniche, specialmente nel caso in cui un farmaco risulti nocivo. Questi problemi sarebbero piuttosto negativi già di per sé, ma sono stati aggravati da soluzioni inefficaci che hanno prodotto false rassicurazioni, impedendo un dibattito pubblico realistico.

Un'analisi accurata evidenzia che la metà di tutte le sperimentazioni cliniche condotte e completate sui trattamenti in uso oggi, non sono mai state pubblicate su riviste mediche. Sperimentazioni che hanno dato risultati positivi (o presentati come tali)  hanno almeno il doppio di probabilità di essere pubblicate - e questo è vero sia per la ricerca accademica sia per gli studi delle industrie del settore farmaceutico.

Se lanciassi una moneta, scommettendo su testa o croce, evitando di mostrare le volte in cui esce croce, sembrerebbe che riuscissi sempre a far uscire testa. Nessuno potrebbe tollerare un simile comportamento se si trattasse di stabilire chi gioca per primo in una partita di biliardo, mentre in medicina questo è accettato come una norma. Nel peggiore dei casi, possiamo cadere nell’errore di credere che trattamenti inefficaci valgano la pena di essere usati; più comunemente veniamo ingannati nell'analisi comparata di trattamenti in competizione reciproca, esponendo così i pazienti al rischio di essere sottoposti a quelli di qualità inferiore.

Questa questione è stata documentata da circa trenta anni e molti in campo industriale ora affermano che il problema è risolto. Ma tutti gli interventi si sono rivelati pieni di scappatoie, nessuno di questi è stato attuato con competenza ed, infine, in assenza di verifiche pubbliche regolari, le pecche e le magagne hanno impiegato anni ad emergere.

La legge del 2007 della Food and Drugs Administration (FDA) è il tentativo di soluzione più ampiamente citato. Esso impone che le nuove sperimentazioni cliniche condotte negli Stati Uniti siano comunicate sul sito clinicaltrials.gov entro un anno dal loro completamento, pena la multa di 10.000$ per ogni giorno di ritardo. Ma nel 2012, il British Medical Journal (BMJ) ha pubblicato la prima revisione pubblica del procedimento, che rivela che 4 sperimentazioni su 5 (l’80%) che rientravano nell'ambito di questa legge, hanno ignorato l'obbligo di pubblicazione. Sorprendentemente, nessuna sanzione è stata per ora inoltrata.

Un precedente provvedimento, poi risultato inefficace, risale al 2005 quando il Comitato Internazionale degli Editori di Riviste Mediche fece un annuncio: i loro membri non avrebbero più pubblicato alcuna sperimentazione (trial) clinica la cui esistenza non fosse stata dichiarata su un registro accessibile al pubblico prima dell'inizio della sperimentazione. La ragione era semplice: se ognuno avesse registrato il proprio trial all'inizio, avremmo potuto individuare con facilità quali sperimentazioni  fossero state occultate; e dal momento che tutti hanno interesse a pubblicare su riviste accreditate,  chiunque avrebbe ritenuto che il problema fosse stato risolto.

Quattro anni dopo, tuttavia, abbiamo scoperto, su un articolo del The Journal of the American Medical Association, che gli editori avevano infranto la loro promessa: più del 50% delle sperimentazioni (trial) pubblicate non erano state ancora registrate in modo adeguato e 1/4 non erano state registrate per niente.

Anche se questi provvedimenti avessero avuto successo, saremmo ancora lontani anni luce dal conoscere la verità riguardo i nostri trattamenti medici, dal momento che le decisioni che prendiamo oggi sono fondate su sperimentazioni del passato, su farmaci che sono stati studiati e approvati nel 2007, nel 2002, nel 1998 e prima ancora. Nessuna delle riforme ha mai cercato di assicurare l'accesso pubblico a questi risultati e così essi rimangono seppelliti in archivi rinsecchiti, negli scantinati.

Tutti questi problemi sono meglio illustrati probabilmente nel caso del Tamiflu, che i governi hanno accumulato spendendo miliardi, nella certezza che avrebbe ridotto il rischio di complicazioni da influenza. Meno della metà delle sperimentazioni non è stata pubblicata e i ricercatori che hanno cercato di ottenere i risultati completi degli studi clinici (Clinical Study Reports) sono stati ostacolati dal produttore, Roche.

E' inaccettabile. L'occultamento dei dati non inganna solo dottori e pazienti, è anche un insulto ai pazienti che hanno partecipato alle sperimentazioni, credendo di favorire un aumento della conoscenza medica.

La medicina si trova tutti i giorni a fronteggiare enormi sfide tecniche e non c'è nulla di complicato nei cambiamenti necessari per impedire che la Johnson & Johnson o la Roche - o chiunque altro - occulti le informazioni. La F.D.A. ha proposto riforme al suo stesso sistema per valutare le anche artificiali. E una campagna, sostenuta dalla National Physicians Alliance, ha avuto inizio su alltrials.net, chiedendo che i risultati di tutti i trial siano resi pubblici, a partire almeno dalle sperimentazioni del 1990, su tutti i trattamenti di uso comune. Abbiamo bisogno di una legislazione adeguata, il sostegno e la guida da parte delle associazioni mediche accademiche, le quali devono tutte affermare con chiarezza che la non pubblicazione dei risultati delle sperimentazioni è da considerarsi come una ricerca condotta in maniera ingannevole.

Le industrie farmaceutiche si sono molto impegnate nel mettere sotto silenzio la discussione di questi problemi, fingendo che tutto fosse stato risolto. Perché? Perché questa strategia è la loro unica speranza. Non c'è alcuna scusa per l'occultamento di informazioni riguardanti trattamenti utilizzati da pazienti in tutto il mondo.

Ben Goldacre dopo la laurea in medicina a Oxford e una breve carriera accademica, si dedica a tempo pieno al giornalismo scientifico. E' autore di "La cattiva scienza" - Bruno Mondadori Editore e “Bad Pharma: How Drug Companies Mislead Doctors and Harm Patients” ("Bad Pharma: come le aziende farmaceutiche ingannano i medici e danneggiano i pazienti")

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